Spesso, anche se sembra un paradosso, non conosciamo bene neanche noi stessi. E quindi non sappiamo neppure cosa dovremmo desiderare. Per scoprirlo occorre uscire dal nostro piccolo mondo di riferimento, così da poterci osservare senza pregiudizi, in modo libero. Non a caso, parlando di vita dello spirito, si cresce nella misura in cui riusciamo a spogliarci delle nostre certezze, dei nostri sterili autocompiacimenti. Essere grandi significa farsi piccoli, liberare il posto occupato dal nostro egoismo per lasciare spazio al mistero. Ma la strada per arrivarci è lunga e spesso fatichiamo a vederla. In questa preghiera il monaco russo Filarete di Mosca richiama l’insegnamento evangelico secondo cui l’uomo non sa neppure cosa chiedere al Signore, perché ignora cosa sia meglio per lui.

«Signore, non so cosa domandarti.

Tu però, conosci le mie necessità
perché tu mi ami più di me stesso.
Concedi a me, tuo servo, quanto non so chiederti.
Io non oso domandarti né croci né consolazioni.
Rimango solo in veglia davanti a te:
tu vedi ciò che ignoro.
Agisci secondo la tua misericordia!
Se vuoi, colpiscimi e guariscimi, atterrami e rialzami.
Io continuerò ad adorare la tua volontà
e davanti a te starò in silenzio.
A te mi consegno interamente:
non ho desideri, voglio solo che si compia il tuo volere.
Insegnami a pregare, anzi, prega tu stesso in me!».

 

articolo tratto da Avvenire