Ascolta il vangelo
Potrei essere io quel “tale discepolo” del vangelo di oggi, perché anche io mi sento tormentato dal dubbio di non aver ancora compreso cosa sia la preghiera e come si preghi: “Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli»”. Mi piace pensare che la prima vera preghiera che possiamo fare, e che forse dura per la maggior parte della nostra vita, è esattamente questa: “insegnaci a pregare”. Magari la gente ci vede inginocchiati, o in un angolo raccolti e pensa “chissà quanto deve essere profonda e alta la preghiera di questo qui”, ma la verità è che la richiesta più ricorrente di chi prega per davvero è sempre la stessa: “io non so come si prega, sono qui affinché tu me lo insegni”. Ecco perché l’unica preghiera che Gesù insegna ai discepoli inizia con la parola “Padre”. Imparare a pregare significa fare “l’esperienza del Padre”, cioè l’esperienza di non sapere semplicemente che Dio esiste ma che mi ama. E delle volte pregare significa purificare tutte le immagini di padre sbagliate che abbiamo dentro, tutte le immagini di amore sbagliato che sono strutturate dentro di noi. La preghiera è il tentativo che Gesù fa di insegnarci il “Padre”. La vera preghiera non è una cosa che facciamo noi, ma una cosa che permettiamo che Cristo faccia in noi. Ma è una grande fatica per noi decidere di non fare nulla, di lasciare fare allo Spirito, di consegnarci a un Amore che vuole innanzitutto amarci prima ancora di domandarci di amare. Infatti solo se si è incontrato davvero un Padre che ci ama si può anche pensare di perdonare a qualcuno. Senza l’esperienza dell’amore tutto diventa ingiustizia, tutto problema, tutto pretesa. In fondo le persone più arrabbiate con la vita lo sono fondamentalmente perché non si sentono amate. In questo senso un cristianesimo che non riparte dalla preghiera, cioè dal Padre, risulta essere solo un’insopportabile morale.
Lc 11, 1-4
L. M. Epicoco